Looking for mercy (Peter Gabriel)
Lo scorso episodio ci ha lasciato con un grande interrogativo: il Dottore salverà o no Davros?
Ci dobbiamo arrivare per gradi prima di rispondere a questa domanda.
Moffat, continuando a dimostrare un coraggio da leoni, tira le fila della storia ricorrendo alla sua arte maggiore ossia quella di ribaltare le carte in tavola. Niente è come sembra in Doctor Who. La situazione sembrava disperata con il Tardis distrutto dai Dalek.
Missy e Clara sono morte? Ovviamente no!
Se il buon Steven pensava di ingannarci su questo, beh, non ci è riuscito. Mi sono riecheggiate le parole di River “C’è sempre una via di fuga” ed è quello che ha pensato anche il novello Master versione femminile. In fondo sono entrambe folli ma, per usare le parole del bardo: “C’è una logica nella sua follia.” Ritroviamo Missy e Clara vive, con quest’ultima appesa a testa in giù che viene usata per un esperimento mentale.
Il Dottore è in pericolo. Non ha il cacciavite sonico, niente Tardis e niente amici. Cosa lo fa sopravvivere sempre? La presunzione, o meglio, la convinzione che riuscirà a farcela. Ma se lui perde questa
convinzione… E’ un’ipotesi inquietante che non vorrei mai contemplare.
In questo episodio ci sono molti rimandi al passato della serie da Clara versione Dalek come in Dalek’s Asylum anche se ci sono delle sostanziali differenze al “I said run!” urlato dal Dottore verso Missy. Non vi nascondo che mi sono commossa. Era dai tempi di Nine che non lo sentivo e mi era mancato.
Altra cosa fondamentale: l’arte della manipolazione. Davros tenta di manipolare il Dottore ricorrendo alla sua compassione, e in questo frangente ho ripensato a Star Wars – ho visto che non sono stata la sola a notare questo parallelo e mi conforta – e attirandolo in una trappola per usare l’energia della rigenerazione per aumentare il potere dei Dalek.
Però quando pare che l’inganno stia funzionando, il pronto arrivo di Missy cambia nuovamente gli eventi. Il Dottore usa quel potere con l’intenzione di distruggere Skaro. Non sono però del tutto sicura che lui avesse previsto le mosse di Davros e avesse preparato una grande contromossa. Credo invece che lui abbia attinto alla sua enorme capacità di adattamento ai rovesci degli eventi sfruttandoli a suo vantaggio. Non lo sapremo mai.
A sua volta Missy tenta di manipolare il Dottore cercando di indurlo a uccidere Clara versione Dalek ma qualcosa lo ferma: il Dalek mostra di conoscere il concetto della pietà. Come sarebbe possibile considerato il fatto che Davros li ha creati senza sentimenti? Questo episodio gli fa comprendere quale sia l’azione da compiere.
Il Dottore torna indietro nel tempo e salva Davros da bambino eliminando i suoi nemici. Esattamente come mi ero aspettata che facesse.
Davros gli chiede: “ Da che parte stai? Sei il nemico?”
La risposta? “Non sono sicuro che questo conti davvero. Amici, nemici… Fin quando c’è la pietà, bisogna avere sempre pietà.”
Ed ecco come è stato installato il germe dell’unico punto debole dei Dalek. Il concetto della pietà.
La maggior parte di noi al posto del Dottore sarebbe tornato indietro nel tempo per uccidere Davros ma, ancora una volta, lui si rivela una creatura piena di compassione, arrivando a fermarsi quando avrebbe potuto distruggere i Dalek con un semplice gesto. Non sarebbe stato da lui, non per come ho imparato a conoscerlo ed amarlo.
Con questi due primi episodi, Moffatt ha mostrato, ancora una volta, di che pasta è fatto come autore. Ha un coraggio da leoni e non so quanto lo zoccolo duro dei Whovian apprezzeranno quello che sta tentando di fare ossia un ribaltamento simile a quello visto con il Silenzio da prima nemico del Dottore e poi alleato. Di certo qui la strada è lunga e non sarà per niente facile ma apprezzo anche solo che il suo tentativo.
Ed è divertente per me leggere come stanno tuonando solo per aver cambiato uno dei capisaldi del Dottore: il cacciavite sonico che è stato mutato in un paio di occhiali da sole.
A questo punto sono estremamente curiosa di vedere che cosa ancora tirerà fuori dal suo cilindro.
Simona Ingrassia
Sia nella scorsa puntata che in questa Davros fa il possibile per convincere il Doctor che la compassione sia un male, sostenendo che è pure un difetto genetico dei suoi Daleks.
A rimarcare tutto ciò c’è una lunga e bella scena tra lui e il Dottore dove il creatore dei supernemici del nostro alieno preferito svela il suo lato più fragile e umano, chiedendo di poter vedere il sole prima di morire con i suoi veri occhi.
Palese e magnifica citazione degli ultimi istanti di vita di Anakin Skywalker ne Il ritorno dello jedi ci aiuta a capire che Davros non stava mentendo in quel momento, forse ha mentito dopo, tirando fuori di nuovo il lato più malefico e perverso, quando ha usato la compassione del Dottore per continuare a vivere.
Già, la compassione.
E visto che siamo in tema di Star Wars non posso fare a meno di pensare ad altre parole di Anakin, stavolta ne L’Attacco dei Cloni, parole che qualcuno qualificò come non del tutto sincere, pronunciate per avere una storia con l’amata senatrice Padmé Amidala.
E’ possibile, anzi è probabile.
Ma veniamo a quello che disse:
“La compassione, che io considero amore assoluto, sta al centro della vita dei jedi. Quindi noi siamo spronati ad amare.”
Di nuovo la compassione.
E’ vero che è amore assoluto?
Sì, se intesa nel suo significato più autentico è amore assoluto.
Non è forse amore assoluto quello che Luke prova per il padre, mettendo la propria vita nelle sue mani, convinto di poterla riavere indietro?
Non è forse amore assoluto il perdono per un uomo, come Anakin, che aveva sicuramente una motivazione nobile per cadere, ma commise dei crimini davvero difficili da perdonare?
E quello che il Doctor prova per tutti gli esseri viventi non è forse amore assoluto?
Mi perdonerete se vedendo il comportamento del Dottore non possa fare a meno di pensare a quando Peter Bishop in Fringe, nella quarta stagione, pare non stupirsi minimamente del fatto che una delle versioni di suo padre, Walter Bishop, dopo mesi di cattiverie, decida di aprirgli il cuore e aiutarlo:
“Non sono sorpreso di vedere che sei l’uomo che sei.”
Anche qui compassione, amore assoluto. Affidarsi a colui che ci ha fatto del male.
Vedere negli altri il male è facile, empatizzare con loro, cercare di capirli, di amarli, avere compassione per loro è molto più difficile.
Davros o meglio la sua parte malvagia dice che la compassione è debolezza, che ci rende fragili e manipolabili, convinto di poterlo dimostrare dopo aver usato la gentilezza del Dottore verso di lui.
Ma alla fine perde perché sarà proprio quella compassione, quel difetto genetico come lui lo chiama, insito nei Dalek, a far scoprire al Dottore la sua cara Clara prigioniera dell’involucro dei suoi nemici.
E questo lo spingerà a compiere un gesto per molti inimmaginabile e folle.
Tornare indietro nel tempo e salvare il piccolo Davros, lasciando in lui il germoglio della compassione che poi passerà ai suoi Dalek.
Moffat ha varcato la soglia.
Ha deciso di compiere anche lui l’inimmaginabile.
Qua e là lo aveva già lanciato dei piccoli segnali: nell’episodio di Churchill quando una creatura dei Dalek si dimostrò umana fino al midollo.
Nell’entrata in scena di Clara.
E anche nella scorsa stagione quando un piccolo Dalek aveva capito che la vita trionfa sempre.
Tuttavia stavolta Moffat è andato oltre.
Vuole dare una chance a tutti, partendo dalla radice, da Davros.
Non sarà facile, ma ora che il Dottore è andato via con la sua Clara, dopo aver salvato il piccolo Davros, con il cuore molto più leggero, ci sentiamo di credergli, anche se forse il fandom di vecchia data non gradirà.
Eppure Genesis of Daleks, uno delle storie più amate della vecchia serie e fonte di ispirazione di questa epica premiere (per stessa ammissione di Moffat), raccontava una storia non dissimile: sarebbe un male cancellare i Daleks all’origine, perché pure loro, in qualche modo, hanno portato qualcosa di positivo. Sterminare una razza alla radice non è mai giusto.
Da sottolineare anche la geniale follia di Missy, che mostra più che mai, a modo suo si intende, di tenere al Doctor e di essere gelosa dell’affetto che lui ha per gli esseri umani.
E’ evidente che il suo tentativo di far uccidere Clara/Dalek dal Doctor vada in quella direzione.
E la dolcezza della giovane Oswald in questo episodio è qualcosa che colpisce il cuore.
Molto lontana, finalmente, dall’insopportabile maestrina della scorsa stagione, si appella al suo amico nel quasi tragico finale e durante tutto la puntata lotta come una leonessa, disposta anche a ficcarsi nel Dalek, pur di sistemare le cose.
Silvia Azzaroli
Al mondo esistono registi e showrunner che usano qualche piccola citazione qua e là giusto per dare un po’ di spettacolo in più e per raccogliere consensi.
Poi ci sono Moffat e George Lucas, i grandi maestri delle citazioni a pioggia, che con esse sanno però creare un arcobaleno di scene e di emozioni. In questo secondo episodio della nona stagione ci sono stati omaggi a tutta la storia del cinema: dal Dottore in stile James Bond dei primi minuti, con tanto di tema musicale uguale nel sottofondo, alla tematica della compassione, uno dei capisaldi di Star Wars, fino a Blob, il fluido che uccide, quando infine tutto il mondo dei Dalek è scosso dalla distruzione.
Io ho una sola parola per questo: genio. Punto.
E no, non mi interessa che per ora il mitico cacciavite sonico sia stato sostituito da un paio di occhiali da sole. Posso anche fare a meno di esso, se tutta la nona stagione si conferma all’altezza di questi primi due episodi. Mi dispiace per i nostalgici del fandom, ma una trama ben fatta vale bene anche un cacciavite sonico.
Quella di Davros è una trappola bella e buona, che mira al tallone d’Achille del Dottore. La compassione. Inutile dire che per me, amante di Star Wars da sempre, sentire dalle labbra di Davros (tra l’altro molto somigliante alla vecchia mummia dell’Imperatore: il male imbruttisce proprio!) la frase “la compassione è la tua rovina” è stato come un colpo al cuore. Sono le medesime parole dette da Palpatine a Vader a proposito di Luke Skywalker, l’emblema della compassione nella vecchia trilogia.
Ma c’è anche un’altra tematica, più oscura e più terribile. La tentazione.
La possibilità per il Dottore di mettere fine al male dei Dalek con un solo gesto.
Non è la prima volta che il Dottore viene tentato: era accaduto con Nine, con Ten e nell’episodio del cinquantesimo eravamo arrivati all’apoteosi.
I dubbi su come avrebbe agito mi sarebbero potuti venire con qualsiasi personaggio, ma non con un alieno di Gallifrey che scegliendo il nome di Dottore ha promesso a se stesso di non essere “mai crudele, mai codardo”. Come Nine, come Ten, come Eleven e come il War Doctor ora anche Twelve sceglie di non compiere quell’azione spregevole che forse gli darebbe la vittoria, ma gli macchierebbe per sempre la coscienza. Non uccide Davros e sceglie di farlo per ben due volte: alla fine ed agli inizi della vita del suo acerrimo nemico.
“Siamo ciò che scegliamo di essere”. Non ricordo da dove venga questa frase, ma è veritiera fin nel midollo.
Il Dottore sceglie.
Ed anche Davros sceglie. Salvato, conserverà sempre in se stesso una minuscola stilla di compassione, grazie al Dottore. Sarà sempre colui che ha creato i Dalek e la scelta sarà solamente sua, al Dottore non potrà essere imputato nulla.
L’accoppiata Missy-Clara si rivela ancora una volta vincente, ma questa volta la nostra Time Lady ci ha deliziato con qualche sgambetto di troppo ed ha finito per mirare al cuore stesso del Dottore. Emblematico come lui le chieda insistentemente di Clara, senza chiedere a lei nemmeno come stia. Emblematico e commovente.
Clara rinchiusa in un Dalek l’avevamo già incontrata. Allora era solo un eco della Clara che conosciamo, ma come in quel momento anche ora la sua disperazione nel proclamare la propria umanità è stato qualcosa di molto emozionante. E’ questa la Clara che vorrei sempre vedere, finalmente così diversa dall’ottava stagione.
Ah già, e Missy? Beh, lei un modo per salvarsi lo trova sempre. Nemmeno il Dottore se ne è preoccupato troppo, perché dovremmo preoccuparci noi?
Un ultimissimo appunto: davvero questa è la prima volta che un Dalek chiede pietà? Siete sicuri? Ok, allora andiamoci tutti a rivedere l’episodio The Big Bang e poi ne riparliamo. Siamo in un museo, la Pandorica si è aperta, la storia dell’intero universo sta collassando e River Song sta puntando un’arma contro un Dalek… che per tre volte chiede “mercy” dinanzi a colei che ucciderà il Dottore. Moffat non sa solo citare le opere altrui, ma è anche un grande maestro nel citare se stesso per riallacciare i nodi di uno spazio-tempo che continua a farci sognare.
Chiara Liberti
Bella rece di un episodio x me stratosferico! !!